sabato 10 dicembre 2011

STORIE DI VITE ASSURDE: Charlotte la bambina che ha vissuto per una sola ora


TECNOLOGIA

La bambina che ha vissuto per una sola ora

9 dicembre 2011
Charlotte era una neonata partorita dopo sole ventidue settimane, e per questo i medici non l’hanno curata
Charlotte è una piccola neonata che è morta dopo neppure un’ora di vita. Era nata prematura, dato che è arrivata nella ventiduesima settimana della gravidanza. Pesava solo 460 grammi, per un’altezza di ventotto centimetri. I medici non l’hanno neppure curata, perché per una bambina nelle sue condizioni le speranze di vita erano troppo basse, e ora sua madre vuole capire se può avere giustizia per una figlia che ha potuto accarezzare solo per poche decine di minuti.
NESSUN INTERVENTO – Charlotte sarebbe dovuta nascere qualche giorno più tardi. Se fosse nata nella ventitreesima settimana della gravidanza di sua madre Melanie Lang, la bambina avrebbe avuto il diritto ad essere curata. “Nessuno ha fatto niente per lei, neanche una piccola coperta per scaldarla. Abbiamo provato con le nostre mani a darle un po’ di calore, ma dopo un po’ è spirata”, confessa ancora distrutta la madre Melanie a Der Spiegel. Charlotte però è nata in una zona grigia della giurisprudenza, perché i bambini nati prima della ventitreesima settimana possono, ma non debbono essere curati. La scelta dipende dai dottori: bambini nati così presto hanno basse chance di sopravvivere, e possono sviluppare malattie molto gravi. Al contrario però ci sono casi di neonati prematuri che poi hanno vissuto una vita normale.
NORME DA CHIARIRE- In Italia però Charlotte non sarebbe neppure nata. Solo in Germania, Austria e Giappone vengono eseguiti parti per bambini così prematuri. Normalmente la gravidanza minima deve durare almeno venticinque settimane. Melanie Lang, la mamma di Charlotte, però non era ancora arrivata così in là, quando nell’estate del 2007 è stata ricoverata ad un ospedale di Colonia per dare vita alla sua bambina. Quando arrivò alla clinica Melanie e il padre non sapevano che i dottori non avrebbero curato la loro piccola: “Ci hanno detto che non avrebbero fatto niente, perché era nata troppo presto per poter vivere. Noi però sentivamo la vita in lei, vedevamo i suoi piccoli movimenti, e abbiamo dovuto dire addio alla nostra bambina dopo 54 minuti”.  I dottori avevano proposto anche un aborto a Melanie, dato che un’interruzione di gravidanza è possibile in Germania fino alla ventiquattresima settimana. La futura madre di Charlotte disse di no, e dopo due giorni di tormento fisico riuscì a partorire la piccola, per stringerla già morta dopo un’ora soltanto.
BATTAGLIA GIURIDICA – La piccola è nata dopo una gravidanza di ventidue settimane e quattro giorni, però la stima potrebbe essere non esatta. Un bambino può essere lasciato morire solo per un paio di giorni di gravidanza in meno? A questa risposta dovrà provvedere il tribunale di Colonia, presso il quale Melanie ha sporto querela contro l’ospedale, per ottenere un piccolo risarcimento. Solo 12 mila euro, perché la madre di Charlotte non vuole guadagnare dalla morte della figlia, ma solo assicurare che altri bambini con lo stesso futuro debbano essere curati, invece che essere abbandonati.

martedì 18 ottobre 2011

ANNI '60 arriva TWIGGY

Twiggy Lawson, all'anagrafe Lesley Hornby (Londra19 settembre 1949), è una supermodellaattrice e cantante inglese.



Carriera 

Nata a Neasden, un sobborgo di Londra, divenne famosa all'età di sedici anni, grazie all'influenza del fidanzato e manager, Justin de Villeneuve. Venne ben presto considerata come "il volto" dellaSwinging London degli anni sessanta, e ottenne il soprannome di "Twiggy" ("legnetto") per la sua figura magra da adolescente.
Diventa famosa a 17 anni, quando Mary Quant decide di affidare alla sua immagine il lancio della minigonna. Con la maggiore età ruppe con Villeneuve e ampliò i suoi orizzonti, apparendo come attrice e cantante, soprattutto nel film del 1971 intitolato Il boy friend, diretto da Ken Russell. Da allora ha recitato diversi ruoli sia sul palco che davanti alla cinepresa.
Il suo primo matrimonio, con l'attore statunitense, Michael Witney, finì con la morte improvvisa di quest'ultimo. Nel 1988, si sposò con l'attore Leigh Lawson.

Curiosità [modifica]

Filmografia [modifica]

Agenzie [modifica]

(FONTE WIKIPEDIA)

 
    

  
 



LA NASCITA DELLA MINIGONNA
 E proprio con la bellissima icona Twiggy mi viene da raccontare la storia della nostra amatissima minigonna, il capo per me più femminile in assoluto..
La minigonna, generalmente detta mini[1], è un tipo di gonna con l'orlo inferiore che arriva molto sopra le ginocchia (lunghezza variabile a seconda dei modelli, nei primi 10/15 cm o più sopra la linea delle ginocchia[2], successivamente anche più corti), mostrando quindi parte della coscia. Può essere aderente (eventualmente con spacco centrale o laterale) o meno ed è realizzata in vari tessuti (jeans, similpelle, cotone, PVC, ecc.). Il termine mini è stato poi applicato anche ai vestiti che scoprono le gambe come le minigonne, nati nello stesso periodo, definiti mini-abiti, anche se spesso i media usano termini come "donna/ragazza in minigonna" per entrambi i tipi di abbigliamento.
Generalmente la sua ideazione viene indicata come opera della stilista britannica Mary Quant (ma la vera origine è dibattuta e contesa da altri stilisti) e divenne popolare dagli anni sessanta, per cui da molti è stata considerata uno dei simboli della Swinging London. Durante i suoi decenni di esistenza è stata più volte dichiarata morta sia da critici di moda che da diversi stilisti ma, seppur con diverse variazioni nella sua diffusione, il capo è rimasto in uso in molti paesi del mondo ininterrottamente dal momento della sua creazione ad oggi.

Origine e la prima diffusione [modifica]

L'origine della minigonna è generalmente accreditata nel 1963[11] (o in altre fonti nel 1965[2][12]) per opera della stilista britannica Mary Quant[5], che fu ispirata dall'automobile Mini e che, a partire dalla fine degli anni cinquanta, aveva iniziato a proporre abiti sempre più corti. Il nome inglese del nuovo capo di abbigliamento era mini-skirt (skirt = gonna).
La paternità non è però condivisa da tutti i critici e storici della moda: in Francia per esempio il designer francese André Courrèges è spesso citato come inventore della mini-jupe (aveva presentato degli abiti che terminavano sopra il ginocchio a partire dalla sua collezione del 1964[13]), mentre altri autori (come la giornalista Marit Allen[14], firma in quegli anni dell'edizione britannica di Vogue), citano lo stilista e costumista John Bates (suoi alcuni degli abiti di Diana Rigg nella serie The Avengers). Lo stilista austriaco natualizzato californiano Rudi Gernreich (già noto per aver presentato negli Stati Uniti nel 1964 un costume da bagno pensato per il topless[15]) viene presentato dalla stampa della seconda metà degli anni sessanta come uno degli anticipatori che, con i suoi modelli, hanno alzato sensibilmente sopra il ginocchio l'orlo delle gonne vendute nel mercato statunitense[16]. La nascita della minigonna, seppur non come abito da indossare normalmente, è attribuita anche a Helen Rose, che produsse alcune gonne molto corte per i costumi di scena (in parte ispirati alle tuniche romane) dell'attrice Anne Francis nel film di fantascienza Il pianeta proibito (Forbidden Planet), girato nel1956, quasi un decennio circa prima della nascita ufficiale dell'indumento[17].
Sposa in minigonna ad Auckland, nel 1968. La diffusione della "mini" influenzò anche indumenti generalmente più casti, come gli abiti da sposa, i tailleur con gonna o iltubino.
Questi dibattiti per la paternità non sono comunque anomali, è da ricordare infatti, come già detto, che simili capi di vestiario erano effettivamente già stati impiegati in precedenza, per esempio per le divise delle sportive o per gli abiti da spiaggia lanciati nei primi anni '60 che terminavano alcuni centimetri sopra le ginocchia[18], ed era comunque da diversi decenni che gli abiti e le gonne stavano divenendo sempre più corti. La stessa Mary Quant affermerà che:
(FR)
« Ni moi, ni Courrèges n'avons eu l'idée de la minijupe. C'est la rue qui l'a inventée. »
(IT)
« Né io, né Courrèges, abbiamo avuto l'idea della minigonna. E' stata la strada ad inventarla. »
(Mary Quant[19])
Se le primissime minigonne presentate da Mary Quant, per essere definite tali, dovevano avere una lunghezza che le facesse arrivare a due pollici sopra il ginocchio (circa 5,1 cm), nell'arco di un anno erano generalmente considerate tali quelle che arrivavano a scoprire almeno quattro pollici sopra il ginocchio (circa 10,2 cm)[20]. La lunghezza diminuì ancora, ma non in maniera uniforme: se per la moda londinese di fine anni sessanta poteva essere accettabile una gonna che arrivasse a ben 7/8 pollici (circa 17,8/20,3 cm) sopra il ginocchio, nello stesso periodo a New York la lunghezza tipica dell'indumento non arrivava a scoprire più di 3/4 pollici (circa 7,6/10,2 cm)[21]. Le ridotte dimensioni a cui arrivò la minigonna in Inghilterra furono anche al centro di un caso di "evasione fiscale": il sistema di tassazione di allora prevedeva un'imposta indiretta sull'acquisto solo per gli abiti per adulti, considerando tali quelli di lunghezza superiore ai 24 pollici (circa 61 cm), esentandone quindi quelli per bambini; le minigonne, pur essendo abiti per ragazze e donne adulte, con le loro lunghezze variabili tra i 13 e i 20 pollici (circa 33 e 50,8 cm), risultavano nella fascia non tassata[22].
Il periodo di forte rinnovamento sociale che portava ad una ricerca di discontinuità con il passato tra i più giovani, la facilità di produzione di questo capo di vestiario (e l'economicità nei modelli più semplici)[23], garantirono un forte interesse per l'indumento da parte dei media, degli stilisti e degli esperti di moda, che a loro volta contribuirono ad aumentarne la diffusione sia nell'abbigliamento quotidiano che nella moda più elitaria. Il già citato André Courrèges incluse per esempio una minigonna, meno aderente e portata con stivaletti (i Go-go boots), per la sua collezione Mod della primavera estate del 1965, introducendola quindi nella cosiddetta alta moda, mentre tra i primi stilisti a vestire nelle sfilate le modelle con delle minigonne vi fu il suo connazionale Pierre Cardin[24].
Diversi fotografi come Helmut Newton o Richard Avedon immortalarono nelle loro opere le più famose modelle del momento (TwiggyJean Shrimpton, ecc.) in foto che evidenziavano le loro gambe, ampiamente lasciate in vista da minigonne o abiti molto corti[5]. La stessa Jean Shrimpton fu al centro di un piccolo scandalo mediatico relativo alla nuova moda: il 30 ottobre del 1965, durante un tour promozionale sponsorizzato dal Victoria Racing Club e da un produttore locale di tessuti, si presentò all'ippodromo Flemington Racecourse di Melbourne, dove si svolgeva il Victoria Derby, con un mini abito (realizzato da Colin Rolfe) che lasciava scoperte le gambe per una decine di centimetri sopra il ginocchio. Oltre a questo, a causa della giornata particolarmente calda, era senza calze, né guanti, né cappello (tre degli accessori considerati quasi obbligatori dalla moda tradizionale del momento). La reazione dei media fu particolarmente critica verso questo tipo di abbigliamento e il caso divenne noto come The Miniskirt Affair[25]. Le foto della Shrimpton, circondata da donne più anziane e vestite in maniera tradizionale, ampiamente diffuse dai media a corredo della notizia, ben evidenziavano il contrasto tra la vecchia e la nascente e nuova moda.[26][27][28][29] In televisione e al cinema la minigonna divenne sempre più presente, come nellaserie classica di Star Trek (1966/69), in cui il produttore Gene Roddenberry decise di renderla parte integrante delle divise dell'equipaggio femminile dell'astronave, a rimarcare come quell'indumento, al tempo ancora non completamente accettato dalla visione conservatrice della società, nel futuro pensato per la serie avrebbe potuto avere una diffusione ben più ampia[30].
Non tutti gli stilisti però apprezzarono la gonna, che ricevette diverse e variegate critiche: per esempio Chanel, nonostante il suo contributo dato alla rivoluzione dello stile femminile che farà da apripista a questo capo di vestiario, la considerava indecente, citando il parere di Christian Dior (morto alcuni anni prima) che riteneva il ginocchio la parte pià brutta del corpo[31].
Nel 1966 Mary Quant ricevette il titolo di Ufficiale dell'Ordine dell'Impero Britannico per via dell'improtanza che la minigonna (e in generale lo stile londinese) aveva assunto nel mondo della moda.[32]
Nel 1967 l'artista argentino Gustavo Del Rio, nella sua performance di Body Art realizzata a Buenos Aires, "La Obra soy yo", crea la Minigonna Mascolina.
La cantante francese Katty Line in minigonna nel 1969, insieme al cantante italiano Adriano Celentano. Minigonne particolarmente corte, portate in scena e nelle manifestazioni dal vivo (come il Cantagiro 1970), caratterizzarono la breve carriera della cantante.[33]
L'uso della "mini", che scopriva le gambe, ha reso in questo periodo sempre meno diffuso l'impiego di calze e giarrettiere, a cui venivano preferiti i collant(introdotti sul mercato alla fine degli anni '50)[34][35] o, più recentemente, i fuseaux e i leggings[36]. Mary Quant citò proprio la presenza di collant e simili, che rappresentavano un ulteriore copertura per le parti intime femminili, in una sua difesa della minigonna contro le legislazioni che volevano vietarla[37]:
(EN)
« In European countries where they ban mini-skirts in the streets and say they're an invitation to rape, they don't understand about stocking tights underneath. »
(IT)
« Nelle nazioni europee dove vengono vietate le minigonne nelle strade, dicendo che sono un invito allo stupro, non comprendono l'uso delle calze »
(Alison Adburgham, Mary Quant. Interview with Alison AdburghamThe Guardian, 10 October 1967[37])
L'accorciamento delle gonne si produsse fin dall'inizio anche in quello di altri capi, come i più tradizionali abiti da donna, facendo nascere i mini-abiti, che di fatto univano magliette e maglioni al concetto di minigonna, anche questi spesso indossati con i collant.
In parte per massimizzare una sorta di spirito di ribellione, dovuto al poter mostrare liberamente ciò che era considerato scandaloso e volgare (erano gli anni dei movimenti sessantottini), in parte per i dettami di alcuni stilisti che puntavano molto all'effetto pubblicitario di questi scandali, le minigonne in breve si accorciarono drasticamente, fino ad arrivare in alcuni modelli a soli pochi centimetri dalla biancheria intima che copriva i genitali, divenendo anche un simbolo della conquistata libertà sessuale femminile. All'uso sempre più frequente di minigonne e miniabiti si associò, per un breve periodo, anche l'abbandono delreggiseno, che spesso veniva bruciato dalle femministe come segno di protesta e di supporto ad una nuova idea della donna, non legata all'immagine precedente di cui i capi di vestiario tradizionale (abiti lunghi e reggiseno) erano un simbolo[38].
La diffusione della minigonna (e in generale delle mode legate alla Swinning London), partita dai paesi europei del blocco occidentale, da lì passata (seppur non immediatamente[18]) negli Stati Uniti (e dopo alcuni anni in quest'area più o meno tacitamente accettata), non ebbe la stessa facilità di diffusione altrove: in Cina per esempio, dove si era nel pieno della Rivoluzione Culturale, venne considerata uno dei simboli della "depravazione" dell'occidente capitalista[39], mentre in Australia le gonne rimasero sotto al ginocchio per buona parte degli anni '60[40]. Anche in diverse nazioni dell'Africa la minigonna venne vista come un simbolo della decadenza del mondo occidentale che avrebbe corrotto i costumi locali[23]. Per quello che riguarda l'Italia, la minigonna inizia a diffondersi nel 1966, ma rimane per diverso tempo un indumento mal visto dall'opinione pubblica, indossato nel chiuso dei locali da ballo, e si registrarono anche casi di ragazze che vennero denunciate, quando la gonna indossata in pubblico era considerata troppo corta.[41][42] Ci fu anche chi denunciava la minigonna come un passo indietro nella lotta per la parità dei diritti delle donne, essendo un qualcosa che le rendeva solo un oggetto di attrazione sessuale: simili tesi vennero per esempio abbracciate da Nicola Adelfi su La Stampa già nel luglio del 1967, insieme alla previsione di un prossimo forte declino nell'uso dell'indumento e del suo successivo (ma a posteriori mai verificato) "tramonto"[43]. In Francia, sempre nel 1967, anno in cui la moda nazionale riteneva la minigonna corta al massimo fino a 16 cm sopra le ginocchia[44], la polizia accusò esplicitamente le minigonne di favorire gli atti di violenza sulle donne, stimati in aumento[43][45], mentre il ministro dell'istruzione francese Alain Peyrefitte chiese il ritorno dell'uniforme scolastica con gonna lunga, suscitando forti polemiche e contrarietà anche da parte di diversi presidi[44].
Fortemente critica nei confronti del nuovo capo di abbigliamento fu la Santa Sede[46][47], in quanto era ritenuto un abito "degradante" nei confronti della donna. Nel giro di pochi anni dalla sua introduzione le autorità vaticane, ufficialmente anche per evitare distrazioni da parte dei fedeli, resero più rigida l'applicazione delle già esistenti norme di ingresso e vietarono di fatto alle donne con la gonna al di sopra del ginocchio l'accesso a diversi edifici della città, tra cui la Basilica di San Pietro e i Musei Vaticani (tra le persone respinte, nell'agosto del 1969, vi fu anche la principessa del Belgio,Paola Ruffo di Calabria[48]).
Nel cercare di contrastare la diffusione delle minigonne non vennero usate solo questioni di morale pubblica, per lo scandalo che questa poteva provocare, ma anche mediche: anche diversi medici iniziarono ad indicare nel nuovo indumento la possibile causa di reumatismi e futuri problemi circolatori[49].

(anche queste informazioni sono state tratte da Wikipedia.. prossimamente parleremo della storia della mini negli anni e di altri capi e marchi che hanno lasciato il segno).

Baciono
Niki_Moss